Socialità e COVID-19: come è cambiata la vita degli anziani durante il lockdown

di DOLORES FERRARIO
architetto

Il rapporto circolare che lega l’individuo all’ambiente, e che è il campo di studio e di applicazione della psicologia ambientale, in questo momento di emergenza e di distanziamento fisico per il contenimento del contagio da Covid-19, è venuto meno: l’unico ambiente che quasi tutti noi abbiamo conosciuto in questi mesi è la nostra casa; alcuni di noi hanno continuato ad andare a lavorare e a mantenere quel minimo di rapporti interpersonali e di vita fuori casa che ha consentito di “smorzare” gli effetti negativi dell’isolamento e del distanziamento fisico.

L’interruzione dei rapporti sociali diretti ha creato un vuoto nelle nostre giornate che, sul lungo periodo, sta portando ripercussioni sul tono dell’umore e sulle abilità residue di tutti noi e in special modo delle persone fragili, che non sono solo quelle che vivono con disabilità manifeste, ma sono anche tutte quelle che non hanno ancora o non hanno più, gli strumenti per controllare emozioni e sentimenti: i bambini e gli anziani.

La tenera età e l’età della vecchiaia sono molto delicate: nella prima lo sviluppo della socialità aiuta a formare la personalità della persona adulta, nella seconda la socialità è indispensabile per sentirsi ancora parte del mondo e per cercare di mantenere attive le funzioni psico-fisiche che si vanno via via più o meno perdendo a causa dell’età. Ecco che l’improvvisa interruzione di ogni contatto sociale, ad esclusione dei famigliari conviventi, ha portato al crollo della rete sociale che è il fondamento del nostro essere umani parte di una comunità.

L’invecchiamento è un processo fisiologico che riguarda ogni essere vivente ed è diverso dalla malattia associata a disturbo neurocognitivo; i cambiamenti che intervengono in noi con l’età riguardano gli aspetti fisici e sensoriali ma anche la sfera cognitiva ed emotiva. Il cervello è un organo plastico che cresce fino ai 20-25 anni di età, per raggiungere uno sviluppo completo nell’età adulta in situazioni di normalità e poi comincia pian piano a cambiare nella struttura e funzionalità, anche in base all’esperienza. La plasticità del cervello è la sua forza, questo perché nel processo di decadimento neuronale dovuto al trascorrere del tempo, ma anche per esempio dopo incidenti o a malattie, permette di ricostruire connessioni fra i neuroni e di riorganizzare le aree dedicate alle varie funzioni, riuscendo anche a supplire ad eventuali perdite di massa cerebrale. In questo modo, le persone mantengono delle abilità residue che permangono e diminuiscono più lentamente all’insorgere di disturbi cognitivi dovuti al semplice invecchiamento oppure alla comparsa di patologie quali il disturbo neurocognitivo (termine aggiornato di demenze). Nonostante gli oltre vent’anni di ricerca farmacologica, ad oggi non esiste una cura disease-modifying per le malattie neurodegenerative come il disturbo neurocognitivo; quindi, cosa possiamo fare per prevenire l’insorgere e l’aggravamento dei disturbi cognitivi?

L’ambiente fisico ci viene in aiuto perché, se ben progettato, può sostenere e supportare le funzioni cognitive, permettendoci di vivere una serena quotidianità in primis all’interno della nostra casa. Ma quando l’età avanza e perdiamo la nostra quotidianità lavorativa, e quindi una gran parte della nostra giornata passata in un contesto di gruppo, ci ritroviamo a dover riorganizzare la nostra vita sociale con tempi e modi differenti: non è un caso che la comparsa dei disturbi cognitivi spesso coincida o sia di poco successiva al pensionamento.

Negli ultimi anni si parla molto di successful aging e di ben-essere: in letteratura esistono molte ricerche evidence-based che dimostrano quanto sia importante arrivare all’età della vecchiaia in una buona condizione psico-fisica; una di queste ricerche è il Grant Study dell’Università di Harward che da oltre 80 anni monitora un gruppo consistente di persone nell’arco della loro vita, cercando di trovare gli elementi predittivi per un invecchiamento di successo. Uno dei fattori più importanti per il benessere psico-fisico riconosciuto da tutti gli studi è avere e mantenere nell’arco della vita relazioni sociali di buona qualità: le relazioni sociali positive migliorano il tono dell’umore e permettono di affrontare meglio anche le avversità della vita, mentre la solitudine porta a stati fisici e psichici deleteri per gli individui.

In questi mesi di lockdown la solitudine non è stata una scelta ma una imposizione; gli anziani, spesso sopravvissuti alla guerra, hanno faticato a comprendere la necessità di isolamento per cercare di contenere il “nemico invisibile” ed è stato difficile per i famigliari riuscire a trasmettere l’importanza di adottare comportamenti di sicurezza che hanno modificato pesantemente le abitudini quotidiane. L’interruzione di tutti i servizi sociali, tra cui anche i circoli ricreativi per gli anziani, ha tolto alle persone la possibilità di incontrare gli amici una o più volte alla settimana, di fare delle attività, come il gioco a carte o il ballo di gruppo, che stimolano le funzioni cognitive e mantengono in allenamento le abilità residue. In queste condizioni così difficili ci sono persone con una difficoltà in più: sono le persone con i disturbi cognitivi e le persone a rischio di disagio psico-sociale, persone alle quali la socialità è indispensabile per mantenere viva e attiva la memoria, alle quali la gioia di trascorrere del tempo insieme a persone care e in allegria porta sollievo in una situazione d’isolamento e di basso tono dell’umore.

L’isolamento forzato ci ha fatto assistere a situazioni impensabili: anziani soli chiusi in casa dai figli per timore che potessero uscire e ammalarsi, caregivers costretti a sopportare da soli la fatica di stare accanto al loro caro con disturbi cognitivi senza nemmeno poter incontrare i figli ed avere un aiuto anche materiale nella quotidianità domestica, caregivers ammalati ed impossibilitati ad accedere ad interventi di sollievo nella gestione della casa e del loro convivente, ma anche figli che sono rimasti in contatto con i genitori unicamente tramite i moderni strumenti di controllo remoto che hanno facilitato l’utilizzo di dispositivi da parte di chi non è nato nell’era tecnologica.

Per superare i confini delle mura domestiche un grande aiuto lo hanno dato gli strumenti social: chat, videochiamate singole e di gruppo, condivisione virtuale di momenti per cercare di sentirsi vicini anche se lontani. L’inclusione virtuale ha rappresentato una parziale continuità dei rapporti sociali e alcuni dei servizi messi a disposizione da enti ed associazioni hanno cambiato forma ma non sostanza; mi riferisco a tutti quei servizi di sostegno e supporto alle famiglie che vivono con le persone fragili e che ogni giorno affrontano mille difficoltà. Sono stati attivati servizi telefonici di supporto psicologico, sono stati approntati webinar e corsi on-line per diffondere consigli e metodologie di approccio alla gestione dell’emergenza e della paura, è stata ampliata la rete della diffusione delle informazioni per cercare di raggiungere quante più persone possibili. Il leitmotiv è stato per tutti infondere positività per non andare ad aggravare situazioni già difficili.

Torniamo quindi a quanto detto prima: il mantenimento di relazioni positive ci aiuta in tutti i frangenti della vita e ad affrontare l’emergenza e la paura insieme a persone care, vicine anche se fisicamente lontane, e ci permette, anche se con fatica, di mantenere alto il tono dell’umore per superare la difficoltà.

Ora le maglie restrittive dell’emergenza si stanno allentando; gli anziani come stanno vivendo la seppur parziale riconquistata libertà? Il desiderio di tornare a vedere i propri amici è molto forte, ma in tanti permane ancora la paura del contagio per sé e per i propri cari. Per fare bene, il ritorno ad una socialità condivisa in presenza non deve essere fonte di ulteriore preoccupazione. Cominciamo pian piano, un passo alla volta, vivendo gli spazi aperti supportati dai dispositivi di protezione individuale; solo così potremo godere di un ambiente sociale positivo e ristorativo, e ci sentiremo di nuovo persone.