La pandemia e la riscoperta degli ambienti naturali

di MARIA CAMPANARO
architetto

La pandemia di Covid-19 ha modificato le abitudini di vita di ognuno, stravolgendo le relazioni interpersonali ed il rapporto con il mondo esterno, ma ad essere cambiato è soprattutto il rapporto con la natura.
In un periodo stressante come quello attuale, caratterizzato da periodi di chiusura domestica e restrizioni della libertà personale, la possibilità di stare a contatto con la natura, di fare due passi all’aperto e prendere una boccata d’aria in un ambiente sano e senza costrizioni, è diventata esigenza e risorsa preziosa. Soprattutto nei primi mesi della pandemia, la chiusura degli spazi di verde pubblico e le limitazioni alle uscite ad un raggio di 200 metri da casa ci hanno costretto a vivere una condizione nuova, durante la quale abbiamo potuto osservare come la natura ha riconquistato spazi urbani, abbiamo avuto tempo per pensare riscoprendo ciò che ci circonda e riflettere sul rapporto tra uomo e natura.
Come ha modificato la nostra percezione del patrimonio ambientale la forzata distanza dalla natura e la successiva possibilità di ricongiungimento?
Uno studio, condotto dai ricercatori dell'Università del Vermont, è tra i primi ad esplorare come il COVID-19 ha trasformato le esperienze all'aperto e cosa potrebbe significare questo cambiamento per il futuro. Il team di ricercatori ha sparso codici QR sui cartelli al di fuori delle foreste urbane e dei parchi nell'area di Burlington. Ogni codice ha indirizzato le persone ad un sondaggio online che poneva domande sul fatto che la pandemia li abbia spinti ad uscire di più in natura. Una delle scoperte principali è stata che il 26% degli oltre 400 visitatori del parco che hanno risposto non erano mai stati nel polmone verde vicino casa, anche semplicemente a passeggiare, nei mesi precedenti o nel corso dell'ultimo anno. All'interno di quel gruppo, la maggior parte delle persone ha affermato di apprezzare molto l'opportunità di uscire in natura durante un periodo di stress e isolamento. A questo punto, potremmo chiederci cosa ci attrae degli ambienti naturali rispetto a quelli costruiti? Perché nei periodi di stress, la maggior parte di noi, cerca tranquillità e ristoro negli spazi verdi o nel contatto con la natura? Se la domanda può apparire banale, non lo è la risposta: molti studi di Psicologia Ambientale si sono occupati di individuare in che modo la natura è in grado di generare in noi benessere fisico e mentale.

La Restorativeness (“rigeneratività”) è infatti un campo di studio che si occupa del processo di rinnovamento e ripresa delle risorse fisiche e psicologiche, diminuite a causa di attività stressanti precedentemente svolte. I processi rigenerativi non sono specifici di un particolare ambiente, ma possono procedere più o meno rapidamente in alcuni ambienti piuttosto che in altri. Gli ambienti che permettono un recupero del benessere psicofisico possono essere definiti “rigenerativi”. Molti studi evidenziano l’effetto rigenerativo degli ambienti naturali, mostrando come questi producano un maggior recupero dallo stress e dall’affaticamento cognitivo rispetto alla maggior parte di quelli costruiti. Gli studi sulla rigeneratività ambientale fanno riferimento a due principali teorie.

La Stress Recovery Theory (Ulrich, 1983), principalmente centrata sul ripristino del benessere emotivo. Questa teoria afferma che guardare uno scenario contenente elementi naturali, quali vegetazione o acqua, crea emozioni e sensazioni positive come interesse, piacere e calma ed ha un effetto rigenerante, alleviando il nostro stato di allerta in seguito ad una situazione stressante. Di conseguenza migliorano anche valori come pressione arteriosa, battito cardiaco e tensione muscolare. La nostra risposta è quindi migliorata rapidamente e spontaneamente.

L'Attention Restoration Theory (Kaplan e Kaplan, 1989), invece, è incentrata sugli stati cognitivi, in particolare sul ripristino della capacità di attenzione affaticata da precedenti sforzi cognitivi. Secondo la teoria, gli ambienti naturali pieni di stimoli interessanti suscitano un'attenzione involontaria, che richiede poco sforzo rispetto all'attenzione diretta. Pertanto, l'attenzione involontaria agli stimoli naturali offre alla capacità di attenzione diretta la possibilità di riposarsi e ricostituirsi. Quando una persona lascia questo ambiente naturale, è in grado di dirigere meglio la propria attenzione su compiti importanti, poiché l'attenzione diretta ha avuto il tempo di riprendersi dalla fatica. Sostanzialmente, quello che emerge da questi studi è che le persone migliorano il loro stato d’animo, si sentono più rilassate, sono più lucide e si concentrano meglio, dopo aver trascorso del tempo a contatto con la natura. Per chi percepisce difficoltà fisiche e/o psicologiche, legate al confronto con una realtà stressante, trascorrere un po' di tempo in un giardino, in uno spazio aperto, anche soltanto un balcone, può rivelarsi un toccasana per recuperare un po’ di respiro ed alleggerire i pensieri. Un giardino o una spiaggia, non sono sicuramente una panacea, ma sono un modo semplice per tornare a respirare e godere della bellezza, senza sforzo, ritrovando un po’ di quella libertà, meraviglia e senso di rinascita che la natura è in grado di regalarci.


Per approfondire:

Grima N., Corcoran W., Hill-James C., Langton B., Sommer H., Fisher B. (2020) The importance of urban natural areas and urban ecosystem services during the COVID-19 pandemic. PLoS ONE, 15(12).

Kaplan, R., & Kaplan, S. (1989). The experience of nature: A psychological perspective. New York: Cambridge University Press.

Ulrich, R. S. (1983). Aesthetic and affective response to natural environment. In I. Altman & J. F. Wohlwill (Eds.), Behavior and the natural environment (pp. 85-125). New York: Plenum.