EVENTI. Terre Ibride 5. Presente per sempre

di ELENA LUCINI
psicologa, psicoterapeuta

“ . . . farò un giro con voi in otto volante (magari qualcuno avrà la nausea) attraverso architettura, paesaggio, politica, storia, tipografia, musei e se riesco design. Da un punto di vista psicologico.”

Questa era la premessa/promessa che Gabriele Toneguzzi ci aveva fatto e che è stata ampiamente esaudita. Ci ha condotto attraverso l’architettura dei memoriali di guerra tedeschi ed italiani, l’archigrafia sapiente dell’epoca fascista e gli allestimenti possibili di mostre e musei a chiederci quale sia e debba essere la presenza del progettista e il suo possibile dialogo con quello che va a comunicare.

Ci ha introdotto al totemburg di Quero raccontandoci la sua genesi, il suo rapporto con il luogo, il suo messaggio implicito che cova minaccioso sotto le ceneri della storia e di come il suo progettista, Tischler, sia ancora fortemente presente e ci guidi, attraverso gesti magistrali come materiali, luce e dimensioni, esattamente dove vuole, sia fisicamente che emotivamente. Per differenze ci ha accompagnato a leggere i sacrari italiani della prima guerra mondiale di Redipuglia (Greppi e Castiglioni) e del Grappa, dove lo spazio, i simboli di una cultura religiosa collettiva e il didascalico elenco di tutti i caduti, una foresta di persone, stavano a mostrare la potenza militare dell’Italia e la disposizione del suo popolo ad immolarsi per la patria. A seguire un excursus, breve ma potente, attraverso la competenza grafica degli architetti fascisti che non solo usano parole e immagini, su edifici e pareti, componendole come fossero impaginati per veicolare significati forti, ma che altresì si interrogano su come fare e come “fare bene” qualunque elemento della vita quotidiane come ad esempio un semplice biglietto del tram. Uno su tutti Adalberto Libera. La comunicazione in quel periodo era talmente curata e puntuale che un foglio ufficiale prescriveva quali scritte di regime (Es. ‘l’aratro scava il solco la spada lo difende’) andassero su quali edifici, a pervadere ogni luogo con la “presenza” del potere e del capo.

Ma la presenza è anche quella dell’artista che quando mette in scena una mostra ne fa essa stessa esperienza artistica. Di questo ci fa tre esempi diversissimi tra loro: Mario Negri che usa la città, vista attraverso le finestre della sede espositiva, come quinta, ambientazione e contraltare delle sue stesse opere; una mostra sulla tragedia di Chernobyl a Recoaro Terme in cui, senza didascalie, solo con materiale esibito e avendo come cornice un albergo abbandonato e fatiscente viene comunicata l’angoscia dell’accaduto, e terzo una allestimento a Villa Emo su architettura e scienza in cui l’architetto (Toneguzzi stesso), fa un passo indietro per non competere con la splendida barchessa di Palladio e propone un allestimento leggero e leggibile da un unico punto di vista per fare si che lo spettatore si interroghi.

L’esposizione nel museo, e la sua “navigabilità”, possono essere favorite e migliorate da tecniche espositive che, annullando la tradizionale bacheca, favoriscono una maggiore intimità con l’opera e conducono naturalmente attraverso un percorso intuitivo.

Antesignano di tutto questo è lo straordinario intervento di ristrutturazione che Carlo Scarpa fa al museo di Castelvecchio in cui costruisce gli spazi a partire dagli oggetti. Oggetti che vengono messi in relazione tra loro creando spazi visivi che prescindono dalle pareti e che, attraverso il gioco di sguardi e la disposizione, conducono nella visita. Magistrale lo studio della luce naturale come materiale espositivo.



LETTURE CONSIGLIATE:

G. Toneguzzi. Il totemburg di Quero. In “Per non dimenticare. Sacrari del Novecento” a cura di M.G. D’Amelio. Palombi Editori (scaricabile da Academia.edu).

Adalberto Libera. (1938). Manuale pratico per il disegno di caratteri. Bertieri. 

Campo Grafico. 1933/1939. Rivista di Estetica e Tecnica Grafica. (Integralmente disponibile in internet).