EVENTI. Terre Ibride 3. Non stare sulla porta

di DOLORES FERRARIO, architetto


Si è svolto mercoledì 5 maggio 2021 il terzo incontro on-line “NON STARE SULLA PORTA o della difficile arte di attraversare la soglia nel mito e nella antropologia degli antichi” condotto da Silvia Romani e organizzato da AIPAA all’interno del ciclo “Terre Ibride”.

Partendo dal XVII canto dell’Odissea, poi dalla tragedia di Eschilo “I Sette contro Tebe” ed infine dalla commedia di Plauto “L’Anfitrione”, Silvia Romani ci ha accompagnato in un percorso di riflessione su alcuni tratti di antropologia degli spazi e di percezione religiosa degli spazi all’interno delle civiltà antiche attraverso il racconto, il mito.

La soglia è il limite, il confine che separa lo spazio interno da quello esterno, l’interno della casa dallo spazio esterno, l’interno della città dal territorio circostante; questa continua contrapposizione tra dentro e fuori è il parallelo tra buono e cattivo, sicuro e pericoloso, giusto e sbagliato: il dentro è qualcosa che si conosce e quindi è sicuro, il fuori è sconosciuto e quindi incute timore.

La soglia è anche il punto in cui il tempo del mito cambia velocità: all’interno il tempo è quasi immobile, come per Penelope e la sua tela che tesse e disfa ogni giorno per vent’anni, fino al ritorno di Ulisse; all’esterno il tempo scorre e fluisce nell’azione, nella Storia, come per Ulisse che trascorre vent’anni in guerra e ritorna invecchiato. La soglia è il punto in cui questa differenza per un attimo si azzera ed è il luogo dove il cane Argo rimane in attesa del suo amato padrone e i vent’anni non sembra nemmeno che siano passati.

La soglia è anche il momento della giustizia, come per Polinice ed Eteocle fratelli rivali in lotta per il governo della città di Tebe, che avendo entrambi ragione e torto, trovano la morte mentre combattono l’uno contro l’altro e vengono seppelliti insieme dalla sorella Antigone, che sfida le leggi della città rendendo loro giustizia.

La soglia è anche il momento della verità, come per il servitore Sosia che al ritorno dalla guerra si trova davanti Mercurio trasformatosi proprio in Sosia, e la sua identità vacilla tanto da non essere più sicuro di chi è.

Gli antichi consideravano la loro casa come uno spazio sacro e la proteggevano con le mura; allo stesso modo era sacra la città ed era protetta dalle mura che servivano a tenere lontano lo straniero, il selvaggio. Gli antichi avevano la percezione mentale di non trovare niente di civile fuori dalle mura, di essere in un luogo pericoloso perché non lo si conosce e quindi non lo si può controllare. Per questo organizzavano rituali magici a protezione delle mura della città, come i Lupercali romani, le corse intorno alle mura con l’intento di creare un cerchio magico e protettivo. Emblematico è il caso del popolo delle Amazzoni che abitavano oltre il confine e, man mano che la civiltà greca si espande, si sono sportate verso Nord perché dovevano abitare lontano dalla civiltà, erano un popolo selvatico.

I riti di passaggio per gli antichi rappresentavano le fasi di crescita degli uomini, ma erano considerati come riti di separazione e segregazione. Arnold Van Gennep per primo mette alla base di tutti questi riti la porta quale modo per spiegare l’intero arco temporale del destino umano, dal punto di vista sociale, culturale, biologico, ma anche dal punto di vista emotivo: si passa da uno stadio all’altro con tappe legate all’attraversamento della soglia.

Per sconfiggere la rigida dicotomia tra dentro e fuori, bene e male, le civiltà antiche hanno creato una struttura molto particolare: il labirinto, struttura con un solo accesso ed un solo punto di arrivo collegati da un percorso tortuoso e spesso confondente, inquietante quasi più dello spazio esterno. Nei secoli il labirinto diventa un simbolo scaramantico, posto per esempio sugli stipiti delle porte delle chiese o disegnato nelle trame dei pavimenti per tenere lontano il maligno.

I miti ci danno spunti e suggestioni al di fuori del tempo e la soglia ha un valore sacro di per sé, indipendentemente dal luogo. Il sacro di per sé (il sacer antico) trattiene in sé l’orrore e la massima altezza, il puro e l’impuro: è il sentimento del tremendum e dell’horrificum che ti prende anche in luoghi che apparentemente non hanno niente di sacro.

Il tema della soglia ha molto a che vedere con la Psicologia Ambientale. Il confine, il senso di protezione nella casa o negli spazi aperti hanno radici evoluzionistiche e appartengono ad ogni essere umano. Gli studi sulla biofilia hanno dimostrato come l’attenzione delle persone si rivolga verso i propri simili anche quando ci si trova in uno spazio naturale con molte componenti attrattive. Ma anche il tema del tempo, che in alcuni spazi di contenzione come le carceri non deve trascorrere, ci riporta ai miti antichi. Il tema del labirinto invece ci riporta al tema della navigabilità degli spazi, ossia di come le persone si orientano negli spazi sconosciuti attraverso la creazione di mappe cognitive.

 

Silvia Romani è professore associato di Mitologia greca e Storia delle religioni presso l’Università degli Studi di Milano. Ha insegnato all’Università di Torino e conseguito il dottorato in “Antropologia del mondo antico e storia della tradizione classica” a Siena. Si occupa in particolare di miti femminili e di ritualità nella cultura classica. Negli ultimi anni si è dedicata anche alla drammaturgia curando uno spettacolo teatrale legato alle origini mitiche della violenza di genere.

 

LETTURE CONSIGLIATE:

Milo Milani, La storia di Ulisse e Argo, Einaudi Ragazzi, 2013.

Arnold Van Gennep, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, 2012.