Dall'osservazione alla progettazione. La psicologia ambientale al museo

di LUCIA ZAFFANELLA
dott.ssa in psicologia

Vi è mai capitato di essere in un museo e provare una sensazione di disorientamento e confusione? O, addirittura, di uscire senza ricordare nulla e avere la sensazione di aver solo perso tempo? Uno dei motivi per cui questo può succedere è la mancanza di una progettazione consapevole e mirata. Esiste un filone di studi chiamato visitor studies che si occupa proprio di studiare i visitatori, un pubblico estremamente eterogeneo con interessi, conoscenze e caratteristiche molto diverse tra loro, con l’obiettivo di poter fornire un’esperienza museale di qualità.

Nell’estate 2019 ho condotto uno studio nel museo di Palazzo Te a Mantova. La collezione egizia stava per essere trasferita in un altro palazzo e l’obiettivo della ricerca era di definire le linee guida per la nuova progettazione.

Il primo passo era conoscere i fruitori del servizio, ovvero i visitatori: chi sono? Come vivono la collezione? Come definiscono l’esperienza di visita e che aspettative hanno per un allestimento futuro?

Ho iniziato quindi a osservare le persone, appuntandomi il percorso che seguivano all’interno delle sale, su quali pezzi si soffermavano, se interagivano con i pannelli di testo e altri dettagli che potessero aiutarmi a definire il loro profilo. Analizzando i dati raccolti mi sono risultate molto più chiare alcune dinamiche di visita: ad esempio quale fosse la tipologia di visitatore più frequente, il tempo medio passato davanti a ciascuna opera, quali di queste attiravano di più l’attenzione e quali invece venivano ignorate e per quale motivo.

Il metodo dell’osservazione, utilizzato fin dai primi anni del ‘900, è molto potente perché ci consente di avere una sorta di “fotografia” della realtà, confermandoci che lo spazio influenza significativamente i comportamenti delle persone. Il limite è la possibilità di registrare solo ciò che è manifesto; per questo ho associato all’osservazione un altro strumento, un questionario costruito ad hoc, con cui ho chiesto un contributo attivo ai visitatori, per indagare le loro motivazioni, aspettative e opinioni. Nel contesto museale il questionario è lo strumento più utilizzato tra i metodi quantitativi, perché permette di raccogliere dati da un campione numeroso in poco tempo e le informazioni che si ricavano sono utili su più fronti e a diversi livelli.

Terminata la fase di ricerca con le persone il passo successivo era quindi quello di delineare le linee guida per la nuova progettazione, che a questo punto potevano essere definite non solo dalle indicazioni raccolte in letteratura, ma anche dai dati emersi dall’esperienza specifica dei visitatori. Quindi ecco che, ad esempio, per contrastare il disorientamento fisico e concettuale emerso, si può ipotizzare di predisporre opuscoli all’ingresso, percorsi ordinati e lineari anziché tante isole espositive, percorsi a terra, sale organizzate per temi con una disposizione delle opere ragionata, e così via.

Questi e altri spunti non sono casuali ma sono creati con metodo e consapevolezza: il valore di una progettazione supportata da metodi scientifici è di poter offrire un’esperienza di alta qualità, potenzialmente più istruttiva e appagante. Nel tempo, infatti, il ruolo attribuito al visitatore è cambiato: prima era definito passivo, ora invece viene invitato alla partecipazione attiva attraverso diverse modalità come il gioco, la lettura, la sperimentazione. Nella concezione attuale del museo la conoscenza deve quindi essere spiegata, non presunta, coinvolgendo e offrendo un’esperienza arricchente e gratificante.

Nell’ambito della psicologia architettonica il riferimento è sempre la persona che usufruisce del servizio, con i suoi desideri e aspettative, e l’obiettivo è di incontrare le sue esigenze attraverso la progettazione. Il valore così creato non si ripercuote solo sul singolo ma, più ampiamente, in una trasmissione culturale più efficace, un maggior numero di visitatori e un elevamento della reputazione del museo, che diventa un fulcro culturale più moderno, accogliente e, al tempo stesso, coinvolgente.

 

Per approfondire:

Bitgood, S. (2011). Social design in Museums: The Psychology of Visitor Studies. In MuseumEtc.

Bollo, A. (2003). Il museo e la conoscenza del pubblico: gli studi sui visitatori.

Serrell, B. (1997). Paying attention: the duration and allocation of visitors’ time in museum exhibitions. Curator: The Museum Journal, 40(2), 108-125.

Yalowitz, S. S., & Bronnenkant, K. (2009). Timing and Tracking: Unlocking Visitor Behavior. Visitor Studies, 12(1), 47-64.